
Tramonto a Grace
Félix Vallotton, 1918, olio su tela, collezione privata

Già da più notti s'ode ancora il mare,
lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce.
Eco d'una voce chiusa nella mente
che risale dal tempo; ed anche questo
lamento assiduo di gabbiani: forse
d'uccelli delle torri, che l'aprile
sospinge verso la pianura. Già
m'eri vicina tu con quella voce;
ed io vorrei che pure a te venisse,
ora, di me un'eco di memoria,
come quel buio murmure di mare.
Salvatore Quasimodo, S’ode ancora il mare (da Giorno dopo giorno, 1947)
Tornato dalla grande Guerra, Félix Vallotton viaggiò molto spesso in Normandia e qui trovò sollievo all’orrore vissuto attraverso una pittura contemplativa che lo portò a realizzare 44 dipinti dedicati ai tramonti. Lo stile che caratterizza gli ultimi anni di attività dell’artista è abbandonato ad una visione incantata della natura e ad una sua intima reinterpretazione. Paesaggi e scene come quella qui presentata erano realizzati attraverso una rielaborazione molto stilizzata, quasi astratta, degli schizzi e delle fotografie che Vallotton stesso andava realizzando. Dipingere un tramonto era per il pittore l’occasione perfetta per assemblare i colori in maniera sempre nuova, trasfigurando il dato reale di partenza. Questo approdo finale nella carriera artistica di Vallotton reca con sé le esperienze maturate nel passato: l’amore per la grafica e l’illustrazione, l’influsso dei Nabis, i discepoli di Paul Gauguin. Il modo di dipingere dell’artista è svincolato dalla riproduzione del reale e si apre ad una continua e perenne ricerca. In questa tela si osserva una divisione delle spazio pittorico in fasce orizzontali che alternano cromie differenti -arancio, viola, lilla, turchese- che appaiono estremamente liriche. Il sole, di un arancio infuocato, spicca come una sfera incandescente tra le striatura più scure delle cielo e i toni verdognoli dell’acqua, creando meravigliosi contrasti. La scena sembra dilatarsi oltre una quinta scenica che è creata dalla stessa natura, da arbusti e rocce che rimangono nella penombra. Il paesaggio sembra dischiudersi sull’anima dell’artista che ha espresso liberamente il proprio sentire, pur nel pieno controllo di una tecnica compositiva e coloristica ormai acquisita.