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Ground swell

Edward Hopper 1939, olio su tela, National Gallery, Washington D.C.

Ground swell

Il mare è tutto azzurro.
Il mare è tutto calmo.
Nel cuore è quasi un urlo
di gioia. E tutto è calmo.

Sandro Penna, Il mare è tutto azzurro (da Poesie, 1927-1938)

Nel 1934, Hopper costruì una casa e uno studio a South Truro (Massachusetts) dove realizzò una serie di dipinti ad olio e acquerelli con soggetti prevalentemente nautici. Tra questi ritroviamo anche Ground Swell che a prima vista appare come una delle opere più serene dell’artista. È risaputo però che le apparenze ingannano: dietro la trasparenza e l’azzurro che invadono il campo visivo dell’osservatore (in questo senso la poesia di Sandro Penna è oltremodo evocativa), si celano temi quali la solitudine e la fuga, tipici di Hopper. La tela presenta semplicemente tre ragazzi ed una ragazza baciati dal sole che si trovano in mezzo al mare su un piccolo catboat. Il mare, il sole, il cielo azzurro, la spensieratezza dell’adolescenza: nulla sembra poter turbare l’incanto. Eppure il visibile disimpegno delle tre figure ed il fatto che sembrino notevolmente preoccupate per la boa campanaria posta al centro del dipinto mettono in discussione l’iniziale senso di serenità. L'unico elemento oscuro in un mare di blu e bianchi, la boa, affronta il catboat nel mezzo di un paesaggio marino altrimenti vuoto. Il suo scopo, emettere un suono di avvertimento prima di un pericolo invisibile o imminente, rende la sua presenza nell'immagine inquietante. La campana suona in risposta al rigonfiamento e al forte ondeggiare del mare, frutto di una tempesta lontana o di un disturbo sismico, problemi invisibili che si nascondo sotto la superficie o oltre l'orizzonte del dipinto altrimenti sereno. La rima visiva delle onde oceaniche e dei cirri rafforzano l’interpretazione: questo tipo di nuvole anticipano spesso uragani e da quello che ci è dato sapere, proprio un uragano aveva devastato gran parte della costa nord-orientale degli USA alla fine dell’agosto del 1938. Sebbene Hopper tendenzialmente non fornisse spiegazioni sui suoi quadri, i segni dell’imminente pericolo evocato, sono sintomo di qualcosa di più grande, come scrive ad un amico in una lettera. L’artista lavorò infatti a questa tela dall'agosto al settembre del 1939, dunque nell’esatto periodo in cui scoppiò la seconda guerra mondiale. Nella pittura egli percepisce, come nell’imbarcazione del dipinto, un mezzo che consente la fuga da questa realtà minacciosa. Per quanto riguarda la composizione dell’opera, Hopper la costruisce con geometrie precise: notiamo come le linee delle onde taglino la superficie del mare e come il profilo dei cirri si dispieghi lungo una diagonale che, come la boa e la vela, è sbilanciata a destra.

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