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Brontosaurus civitas

Jacek Yerka, 2004, acrilico su tela

Brontosaurus civitas

Funesto spirito
Che accendi e turbi amore,
Affine io torni senza requie all’alto
Con impazienza le apparenze muti,
E già, prima ch’io giunga a qualche meta,
Non ancora deluso
M’avvinci ad altro sogno.
Uguale a un mare che irrequieto e blando
Da lungi porga e celi
Un’isola fatale,
Con varietà d’inganni
Accompagni chi non dispera, a morte.

Giuseppe Ungaretti, Sirene (da Sentimento del tempo, 1923)

La poesia che ho scelto come accompagnamento a questo dipinto, “Le sirene” di Ungaretti, vuole essere un richiamo al fascino, spesso letale, che da sempre contraddistingue le creature che, nella narrazione umana, popolano il mondo marino. Basta solo una rapida occhiata a questo quadro per venire, infatti, risucchiati in un universo fantastico, magico, quasi surreale. Yerka lavora sulla tela creando una composizione che si sviluppa su due piani diversi: quello superiore, collocato al di sopra della linea dell’orizzonte, mostra una realtà quotidiana, un paesaggio come tanti se ne sono visti nella storia dell’arte; quello inferiore ci catapulta invece nell’abisso, nelle profondità nascoste, che si sottraggono alla luce del sole. Se in una porzione della tela si osserva, dunque, un isolotto su cui sorge un paesino tutto torri e campanili, quasi retaggio della tipica cittadella medievale, nell’altra, al di sotto della superficie del mare su cui veleggiano tranquille le imbarcazioni, si scorge l’antica sagoma di un brontosauro, il cui dorso non è altri che l’isola sopracitata. Il dinosauro è immerso nel mare e l’associazione tra questi due elementi mi ha immediatamente portata a pensare a come la vita sia nata dall’acqua e nell’acqua e a come i dinosauri siano state tra le prime forme viventi a popolare la Terra. Per quanto nell’immaginario comune queste creature siano viste come esseri mostruosi (è forse per questo che l’artista colloca il Brontosauro nell’abisso?), trovo affascinante constatare come qui siano invece percepite non come una minaccia da cui difendersi, ma come base solida su cui costruire, sostegno per la civiltà che solo grazie a loro (e alla loro scomparsa) si è potuta sviluppare. Per quanto riguarda quello che è lo stile di Yerka, innegabile è il contributo e l’influsso che su di lui e sulla sua vastissima immaginazione hanno avuto i grandi maestri fiamminghi del XV-XVI secolo come Hieronymus Bosch, Pieter Bruegel, Hugo van der Goes e Jan van Eyck.

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